Resoconto Quest Clan – La fortezza

Resoconto Quest Clan – La fortezza

Il vento gelido scivolava sul dorso della montagna e si abbatteva su noi quasi a volerci ricacciare a valle. Davanti a noi un’ imponente e tetra fortezza, si ergeva quasi a perdita d’occhio tra le nubi ed il buio. Tutt’intorno alte mura di cinta sembravano voler proteggere e celare i segreti di un luogo apparentemente inaccessibile.
Ancora una volta Elsworth guardava avanti a sé glaciale e concentrato pronto a scorgere il minimo movimento furtivo all’interno della fortezza ma il rumore sordo del vento tra i merli delle mura rimaneva l’unico suono udibile. Petuel e Arayl un po’ in disparte indossavano gli ultimi pezzi di armatura. Floryok stranamente zitto, sorrideva continuando ad impugnare nervosamente le sue armi.
Io silenzioso e guardingo rimanevo in silenzio e mi godevo la pace di questi ultimi istanti di tranquillità.
Poi improvvisamente mossi da un istinto comune fummo pronti e seguendo Elsworth varcammo il portone ed entrammo nel cortile.
Qui alcune guardie del maniero gironzolavano attente ma incuranti della nostra presenza. Il vento aveva smesso di abbattersi violento su di noi, ma il freddo continuava a rendere i nostri movimenti macchinosi e lenti. Il nostro destino, ci attendeva all’interno della fortezza ma l’unica via d’accesso, un ponte levatoio alzato sembrava voler continuare ad ostacolare il nostro cammino. Eppure il ponte c’era e per forza doveva esserci anche un modo per aprirlo.
Floryok fu il primo a notarla. Una delle guardia aveva addosso una piccola borsa, ed era molto probabile che proprio quella borsa nascondesse il segreto per entrare. Capimmo subito: c’era un solo modo per riuscire ad ottenere ciò che ci serviva. Un cenno d’intesa e un attimo di silenzio, poi Elsworth assalì una guardia ed immediatamente anche la terra iniziò a tremare per i colpi inferti da Petuel e Floryok. Una dopo l’altra le guardie cadevano a terra senza vita, non senza vender cara la pelle, seppur poco resistenti le guardie avevano una potenza a dir poco inaudita e ben presto gran parte dell’equipaggiamento di Elsworth cadde a terra distrutto sotto i colpi possenti delle guardie. Infine anche l’ultima guardia fu sconfitta e proprio dentro alla borsa che indossava trovammo una lunga catena di ferro.
Davanti al ponte iniziammo a cercare di incastrare e bloccare la catena in vari modi.
Fu Petuel a notare un argano in alto. Ci lanciò la catena incastrandola bene. Non rimase altro da fare se non tirar forte la catena. Il ponte precipitò a terra con un tonfo sordo. Lo spostamento d’aria gelida, dovuta alla caduta improvvisa del ponte, si abbattè su di noi come un muro. Non mi fu necessario neppure entrare per percepire che il male avvolgeva la fortezza.
Senza indugiare entrammo. Il tempo non era dalla nostra parte.
Qui trovammo le stesse guardie che proteggevano l’esterno della fortezza avevano senza dubbio il compito di proteggere anche l’interno di essa.
Due di esse erano lì ignare di ciò che fosse successo poco prima al di fuori dalle mura. Un tavolo su un lato della stanza era ancora in parte apparecchiato. Un caminetto sul lato della stanza opposto al tavolo scoppiettava rischiarando e riscaldando un po’ l’ambiente spettrale. Decidemmo di non correre rischi ed attaccammo per primi svuotando il castello di qualunque guardia, avanzando corridoio dopo corridoio. Poi con calma iniziammo separati ad esplorare le diverse stanze e corridoi della fortezza.
La struttura era di difficile datazione, quadri e statue di diverso tipo ornavano le pareti dei corridoi e un lungo e consumato tappeto rosso accompagnava attutendo un poco il suono sordo dei nostri passi. Le statue raffiguravano esseri mitologici ed animali leggendari, che non riuscivo tuttavia ad identificare in alcun modo. I quadri anch’essi raffiguravano battaglie tanto antiche da non esser neppure ricordate.
La nostra ricerca ci condusse ad una porticina di legno chiusa a chiave. A proteggerla un vecchio e silenzioso guerriero. Tutti i nostri tentativi di approccio si rivelano inutili, il vecchio e canuto guerriero, silenzioso e non curante continuava a far finta di nulla. Questa volta rimanemmo noi in silenzio per qualche istante, poi la terra ricominciò a tremare. Infine anche lui cadde sotto la potenza dei nostri colpi. Proprio nel suo corpo senza vita trovammo una piccola chiave argentata che dava accesso ad una piccola stanza adiacente chiusa dietro un’altrettanto piccola porta.
Varcammo l’uscio e ci ritrovammo in una lussuosa camera da letto che sembra segregare da tempo il vecchio duca della fortezza. La stanza riccamente arredata sembrava convergere al centro dove un sontuoso letto a baldacchino troneggiava maestoso. Sulla parete di fondo un enorme affresco sembrava mal celare la presenza di una finestra murata da non lunghissimo tempo. Il duca in piedi un po’ in disparte, ci squadrò a lungo poi innervosito esclamò: “E voi che volete? non sapete che questa fortezza e’ caduta in disgrazia? Voi non avete fatto altro che accelerare i tempi.”
Un attimo di silenzio ancora poi riprese il suo racconto. Spiegò che un tempo quella fortezza era amata e continuamente visitata ma che dopo l’invasione di alcuni furfanti più nessuno ci aveva messo piede. Terrorizzato aveva sentito provenire dal sottosuolo rumori durante la notte,sapeva che secondo un’antica leggenda la fortezza fu edificata proprio sopra ad un antico tempio pagano, ma tutti i suoi sforzi alla ricerca di un passaggio che portasse nel sottosuolo risultarono inutili.
“Aiutatemi, vi prego liberate il male da questo posto. Portatemi un segno della vostra vittoria saprò ricompensarvi”.
Ed accennando ad un antico libro riguardante un certo Barone Benars ci congedò, lasciandoci non privi di dubbi e domande irrisolte. Decidemmo quindi di tornare sui nostri passi e ci recammo velocemente allo studio.
Ripercorsi velocemente i corridoi arrivammo allo studio che illuminato soltanto da alcune lanterne lasciò tutti senza parole. Alti scaffali stracolmi di libri partivano da terra e giungevano fino al soffitto appena visibile nel buio della stanza. I libri sembravano esser stati inseriti sugli scaffali uno per uno in un ordine quasi maniacale del tutto inusuale rispetto al resto delle stanze. Il silenzio appena smorzato dai nostri respiri e dal lento e pigro bruciare degli stoppini delle lanterne fu interrotto da Petuel che per primo notò che i libri ben catalogati seguivano un ordine alfabetico contraddistinto da ventisei targhette di bronzo, saldamente avvitate in cima agli scaffali.
Fu Elsworth a spingere involontariamente un libro che inaspettatamente si bloccò in una qualche sorta di ingranaggio.
Per alcuni minuti tutti cercarono di capire quale fosse la combinazione esatta, poi colto da un’ improvviso colpo di genio Elsworth premette velocemente alcuni libri e quando anche l’ultimo fu premuto un ingranaggio iniziò a muoversi facendo girare l’immenso scaffale che roteando rivelò la presenza di un passaggio segreto che spariva nel buio di alcune scale.
Fummo subito avvolti da un’ondata di forte odore sgradevole misto tra l’umidità del terreno e l’odore di stantio.
Decidemmo di non indugiare, dal fondo delle scale proveniva un leggero bagliore e alcuni suoni. Scendemmo rapidamente gli scalini scivolosi a causa di una leggera muffa senza notare alcuni neri ed enormi topi che spaventati ci correvano tra le gambe.
Alcuni accoliti di un’Antica divinità dimenticata ci aggredirono appena , ma ancora una volta il combattimento non durò a lungo. La potenza dei nostri colpi piegò definitivamente il male e quando anche l’ultimo dei seguaci fu sconfitto trovammo un antico scettro probabilmente sottratto al duca padrone del castello. Il tempo non era più molto e decisi di dare una rapida occhiata.
Tutti i sotterranei erano stati edificati su di una struttura precedente. Le mura esterne dai basamenti antichissimi, erano formati da pietre chiare e granitiche, ormai quasi completamente ricoperte di muschio. Il terreno leggermente inclinato convergeva in una piccola conca al cui centro si ergeva un piccolo tempio completamente costruito in granito. Lungo le pareti di tutta la struttura numerose colonne scolpite di alcune scene di guerra e storia attirarono la mia attenzione.
Proprio queste scene non intendo quest’oggi narrare. Testimonianza di guerre che la storia forse farebbe meglio a dimenticare. Il male era stato ancora una volta sconfitto. Il duca ricevette lo scettro e più incredulo che infelice ci affidò agli dei per una una giusta ricompensa e per il viaggio di ritorno.
Il gruppo fu concorde, era per noi arrivato il momento di tornare a casa.

Norky

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