(Racconto – Concorso) Il Limbo Divino
Sparivo nel vento e nel fuoco sacro dell’energia, ma ormai erano passati parecchi anni da quando lessi di quel racconto. Una storia senza fine, nel quale non vi erano stati ne vincitori ne vinti.
Tutto questo perché?
Solo capriccio divino era stato, nessuno dei potenti immortali si era messo d’accordo su chi avrebbe avuto la vittoria finale. Si sa, tutto ciò che non è capibile degli esseri viventi, viene additato per divino e sovrannaturale ma non solo, si pensa che loro siano assenti o che non badino alle faccende dei comuni mortali, in realtà non così…e lo possono ben dire tutti coloro che da qualcosa di inspiegabile sono stati puniti per le loro malefatte.
Ma tornando alla battaglia, essa non ebbe mai una fine o meglio le stratosfere, per gli esseri ignoranti sarebbero i piani astrali, per qualche oscuro motivo collassarono spedendo ogni essere in un limbo eterno senza fine. Molti di essi tornarono, ma altri, come il mio bis nonno, sparirono senza far mai più ritorno. Probabilmente alcuni ebbero la forza e l’energia per riaprirsi il varco sul mondo dal quale erano partiti, mentre altri si persero semplicemente nei piani trovando chissà quale brutta fine.
Era riaccaduto nuovamente!
Mi trovavo al solito al bordello, della Capitale, da Wizzy.
Più per forza dell’abitudine solevo soggiornare la che per riscuotere altri tipi di favori.
Si è anche vero che ogni tanto facevo ridere tutte quelle femmine assieme a qualche avventuriero di passaggio, grazie alle mie barzellette sugli orchi o sui troll, ma al contempo era pur vero che ormai avevo perso la forza di un tempo e che le mie povere ossa, memori di infinte battaglie, ormai mi reggevano a fatica, scricchiolando sinistramente a volte come se si stessero per rompere.
Ebbene ero proprio in uno di quei momenti, anzi a dire il vero, stavo proprio raccontando una mia avventura a una di quelle femmine a me particolarmente cara.
Era una bella ragazza formosa, probabilmente sui vent’anni, dai capelli lunghi che cadevano a boccoli biondi sulle sue scapole scoperte. Gli occhi grandi color dell’erba, mi guardavano sognante come se stessero vedendo la fiaba che io invece avevo vissuto sul serio.
Era abbastanza alta, ed aveva un vestitino che la ricopriva per la maggior parte del corpo, lasciando però intravedere alcune parti di pelle, rosea ed evanescente, scoperte alla vista.
Se avessi avuto la sua età di certo non sarei rimasto nell’atrio a raccontarle le mie storie, ma ormai era anche giusto che ad assaporare quel bel fiore, fosse qualche altro più bello giovane e forte.
Cibrya, questo il suo nome, si perdeva dietro al senso delle mie parole mentre la guardavo come solo un padre e un amante al contempo, sanno fare.
Stavo blaterando sul castello d’argento, sulla sua leggenda e su come e da chi fu costruito…ma all’improvviso un fulmine sconquassò il silenzio di quella serata. Un rumore roboante da prima lontano e poi man mano che si avvicinava, portava un tremito sempre più forte anche alla terra.
Mi affacciai dal bordello e in un attimo, nonostante le ossa doloranti, mi trovai all’uscita est della Capitale. Ciò che vidi fu indimenticabile, una massa vorticosa senza forma, si stava avvicinando su più fronti alla Capitale. La massa informe era priva di luce e ogni cosa avvolgesse, spariva al suo interno senza uscirne mai, era come un’ondata di buio assoluto che mangiava tutta la materia trasformandola in vuoto.
Per tutti i Joker dell’inferno, bestemmiai.
Corsi nuovamente al bordello, dissi alla mia giovane di pregare gli Dei in cui credeva mentre pensai che finalmente la mia oscura signora era venuta a prendermi. Certo che sparire di scena in questa maniera così scenica, forse era troppo anche per uno come me, ma poi mi rassegnai all’idea che l’oscura voleva ringraziarmi per tutti gli anni di morte e devastazione che portai sulle lande.
Feci in tempo a prendere le armi di un bardo, carta e penna d’oca finissima, quando d’improvviso tutto sparì e mi trovai ad aleggiare nel vuoto, nella inconsistenza più pura. Ero cosciente ma allo stesso tempo bloccato senza provare alcun senso ed emozione negativa. Mi sentivo cullato e allo stesso tempo in compagnia di migliaia di altri esseri. Ma in quel buio assoluto non vedevo niente e nessuno, scorgevo a mala pena la carta e la penna nella mia mano. Attorno era solo silenzio, le mie parole non emettevano alcun suono anche se sono sicuro che uscivano dalla mia bocca.
Con uno sforzo immane, riuscii a scrivere queste parole sul pezzo di carta, pensavo che la Morte aveva voluto lasciarmi ancora un po’ di tempo per lasciare il mio testamento spirituale.
Sentivo di essere allo stremo delle forze, ma le ultime parole che sentii prima di svenire furono famigliari e credo appartenessero ad uno degli spiriti Creatori e divini.
Il tuono, simile a una voce, disse: “ Non preoccupatevi esseri mortali, ora siete nel limbo una zona dove nulla vi potrà venir fatto. La vostra permanenza qui è d’obbligo e sarete liberi solo quando i piani si stabilizzeranno nuovamente. Nel frattempo non avrete bisogno di niente, ma se eviterete di bestemmiarmi, ne sarei in qualche modo, grato”.
Sentii un fremito di freddo lungo tutta la schiena, come se mi sentissi osservato da qualcosa di estremamente potente…
l’emozione però mi fece svenire del tutto.